Il Grand Tour e Salerno

Il Grand Tour, il viaggio di formazione di giovani intellettuali e artisti europei in Italia, culla della civiltà e della bellezza, prevede anche una tappa a Salerno, città antica, ricca di verde, vicina alle bellezze di Pompei e Peastum.

Il Seicento e la scoperta del Grand Tour

Fu il Seicento ad inaugurare la stagione del Grand Tour, trasformando il viaggio in un’occasione di conoscenza della cultura e dell’arte italiane, al fine di ammirare rarità artistiche o paesaggistiche, di osservare fenomeni naturali inconsueti, di entrare in contatto con usi e costumi diversi. 

Con il Seicento nacque e si sviluppò quella che viene definita letteratura di viaggio, scritta da stranieri, per lo più ricchi borghesi o aristocratici, disposti a muoversi dal proprio paese sollecitati da una sana curiosità che era stata felicemente introdotta dalla cultura umanistica. 

Dopo una serie di testi editi a Napoli e riguardanti visitatori italiani, il primo viaggiatore straniero che ha lasciato una sua memoria scritta di Salerno è il francese Jean Jaques Boucahard, che arrivò a Salerno nel 1632.  Il Voyage dans le royaume de Naples è il diario che descrisse il suo viaggio, ricco di molto dettagli, che testimoniano il suo interesse per la storia presente e passata del Sud. 

Arriva a Salerno via nave e gli appare molto grande e con lavori di ampliamento del molo. I salernitani non gli piacciono, gli sembrano meschini e poco interessati alle lettere, ma dediti, anche gli aristocratici, ai commerci e all’agricoltura. 

Apprezza le chiese che incontra, “non posso fare a meno di lodare le chiese e  l’edilizia religiosa, in particolare quella arcivescovile; la cappella di San Matteo mi ricorda molto quella di Sant’Andrea a Amalfi ed il sontuoso complesso degli Olivetani (il Monastero di San Benedetto), è la più bella chiesa dopo l’arcivescovado. 

Ma più che dall’archeologia e dai monumenti, Bouchard rimane colpito dalla vegetazione e dalla natura. È una caratteristica di Salerno che era stata già evidenziata dai visitatori precedenti e che sarà poi sempre messa in rilievo dai successori: Salerno è un’alternanza di conventi, giardini, campi già all’interno delle mura, e tutta la collina che va verso il monte Bonadies e il Castello è uno spettacolo naturale degno di ammirazione. 

Nel 1670 fu pubblicato postumo The Voyage of Italy, del viaggiatore inglese Richard Lassels, una guida, più di lettura che di consultazione, della nostra penisola. Un sosta di cinque giorni fu dedicata a Salerno, con una particolare curiosità per la Scuola Medica, il cui Regimen era stato da poco pubblicato in Inghilterra. Ma i salernitani erano, a detta del visitatore, ricchi di sorriso, il vino era buono e si mangiava molta buona frutta. Fu prevista anche una visita a San Matteo, ma è la natura, e il suo rapporto con il benessere e l’allegria che interessano di Salerno il nostro viaggiatore. 

Il Settecento, archeologia e svago

Nel Settecento si consolida la pratica del viaggio, assumendo anche nuove finalità come il divertimento e lo svago. Il Tour diventa un momento di piacere oltre che di arricchimento spirituale. Fioriscono le pubblicazioni locali che hanno la funzione di guida e si susseguono i visitatori con i loro diari, spesso pubblicati. 

A Salerno arriva nel 1714 il francese Conte di Caylus, archeologo e incisore. Scrive della città: “il colpo d’occhio di questa città che si innalza esattamente in riva al mare è bello. La vista delle case ben tenute, circondate di verde e di alberi, forma un piccolo anfiteatro molto grazioso”. Di nuovo a colpire è il rapporto tra verde e città, oltre alla presenza di fonti e di acque. Il Conte visita inevitabilmente San Matteo, che lo colpisce, ma gli sembra decadente. Lo attraggono anche, ecco il suo spirito antiquario, le colonne e i resti romani che sorgono tra le case, gli stessi reperti che il visitatore moderno può vedere oggi diffusi nel Centro Storico. 

Siamo negli anni in cui vengono fatte le prime scoperte di Pompei e di Ercolano e, parallelamente, vengono all’attenzione i dimenticati templi di Paestum. È una rivoluzione nell’immaginario del Sud e negli interessi dei viaggiatori, e questo non può che avere influenze anche sull’immagine di Salerno. Ovviamente la febbre di curiosità verso l’antico percorse tutta Europa, e attrasse in Campania visitatori non solo francesi e inglesi, come era stato fino a quel punto, ma anche russi, polacchi, svedesi, oltre che tedeschi. Salerno, se non era meta privilegiata dei viaggi, diventava punto di passaggio, come vedremo ad esempio per Goethe. Ma chi si ferma in città e la descrive non manca per tutto il secolo. A incuriosire non solo la memoria della Scuola Medica, che non tramontava, ma l’importanza della Fiera che si svolgeva a San Matteo e che richiamava merci e espositori da tutta Europa. 

Tra i viaggiatori settecenteschi, chi dedica una lunga descrizione a Salerno e alle sue vicende storiche è l’inglese Henry Swinburne, che pubblica nel 1783 Travels in the two Sicilies. Anche lui visita San Matteo, che descrive dettagliatamente, e la chiesa degli Olivetani, cioè il solito Monastero di San Benedetto. Ma la sua descrizione storica e leggendaria è molto dettagliata e include le vicende di Barliario e quelle di papa Gregorio VII, dei principi Normanni e della Scuola Medica. Una lunga descrizione argomentata e molto informata sulla storia della città. 

Goethe e i pittori 

In viaggio per Peastum, con i templi che lo che lo colpiranno molto, a Salerno sosta Goethe, che nel suo Viaggio in Italia dedica alcune note a Salerno, “la sera dalle finestre di Salerno, eseguimmo un altro disegno di quella località incredibilmente amena e ferace, che mi risparmierà ulteriori descrizioni. Chi non sarebbe stato incline a studiare lì, nei bei tempi in cui fioriva l’alta Scuola?” 

Chiudiamo questa breve descrizione dei viaggi all’epoca del Gran Tour per quel che ha riguardato Salerno. Resta solo da citare il Voyage Pittoresque dell’abate di Saint Non, che si configura come un magnifico libro d’arte per il ricco corredo iconografico che lo accompagna, corredo che non fa a meno di Paestum e di Salerno, con una serie di vedute, e con la descrizione del Duomo e della Chiesa di San Benedetto con i suoi archi ogivali. 

Altri viaggiatori visiteranno la zona e la città, e tra questi molti pittori che lasceranno tracce del loro interesse per quel rapporto magico che c’è tra paesaggio, storia e archeologia, costruendo quell’unicum dell’immaginario che è l’idea dell’Italia che ancora perdura.

Tra i tanti che hanno dipinto vedute della città e dei dintorni di Salerno va ricordato il grandissimo William Turner e, tra i tedeschi amici di Goethe, Jacob Philip Hackert.  

 

Il testo di questa parte è debitore integrale del bellissimo libro di Maria Antonietta Del Grosso e Vittoria Bonani, Il vede antico e l’ampio Golfo di Salerno. Celebrata meta dei viaggiatori europei. 

Salerno, Associazione Culturale Adorea, 2015

 

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