Pasquale Avallone

Avallone è il pittore salernitano di riferimento per la prima metà del Novecento: nella sua sterminata produzione hanno un posto di rilievo i grandi cicli decorativi che realizzò nella Camera di Commercio, nella Banca d’Italia e nel Palazzo di Città

Figlio del pittore Giuseppe Avallone, nel 1903 vinse una borsa di studio che gli permise di iscriversi all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Vincenzo Volpe per la pittura, di Michele Cammarano per il paesaggio e di Stanislao Lista per il disegno. Rientrato a Salerno, gli venne affidato l'incarico per la creazione del plafond e del sipario del Teatro Verdi, purtroppo andati perduti.

Decoratore, ritrattista, paesaggista ed acquerellista ad alto livello, fu anche insegnante e membro della commissione per la conservazione dei monumenti antichi della provincia di Salerno dal 1923.

Tante sono le opere che Avallone realizzò per enti, amministrazioni cittadine e chiese della provincia salernitana, tra cui:

  • L’affresco raffigurante l’ Immacolata Concezione sul soffitto della Chiesa di Sant’Antonio Abate e Santa Rita di Salerno (1913).
  • Il Monumento alle vittime dell’alluvione nel Cimitero monumentale di Salerno (1916)
  • dipinti dei quattro Santi Evangelisti, nella Chiesa della SS. Annunziata di Salerno (1919)
  • Il Cofano in ebano e bronzo per custodire la bandiera di combattimento dell’Incrociatore Campania (1922)
  • Gli affreschi del Palazzo antico della Camera di Commercio di Salerno (1927)
  • Monumento ai caduti di Baronissi (1927)
  • Quattro dipinti di forma ovale, raffiguranti le allegorie de “Il Risparmio”, “L’Industria”, “L’Agricoltura” e “Il Commercio Marittimo” per il Palazzo della Banca d’Italia (1930).
  • Gli affreschi dell’Aula Magna del Liceo Torquato Tasso (1932)
  • Il busto bronzeo di Matteo Luciani, primo sindaco della Salerno postunitaria, collocato nel giardino antistante il Teatro Verdi (1937)
  • Il Monumento a Matteo Ripa ad Eboli (1937)
  • Il ciclo degli affreschi del Salone dei Marmi nel Palazzo di Città di Salerno, denominati “Il grande Fregio”, raffiguranti i momenti salienti della storia della città (1936-1947)
  • Tre affreschi nella Chiesa di San Michele ArcangeloBellosguardo
  • La Tomba monumentale di Mons. Nicola Monterisi nella Cattedrale di San Matteo (1953)

Numerose sono le opere di Pasquale Avallone custodite nel Palazzo Municipale, ma quella più grande e importante è, senza dubbio il fregio del salone di rappresentanza , decorato con bei marmi che gli danno il nome, a cui l'arista lavorò – con pause e lunghe sospensioni – dal 1934 al 1947.  Il ritardo in qualche modo ha salvato l’opera, che doveva rappresentare la storia di Salerno per momenti significativi, e concludersi con l’apoteosi del fascismo; il ritardo nella consegna ha determinato un mutamento di senso del lavoro, che si conclude con un richiamo all’unità e al nuovo clima del dopoguerra.

L’impianto del fregio è unitario, le rappresentazioni storiche degli episodi della storia della Città sono una labile traccia, l’invenzione fu quella di legare gli itinera trascelti come momenti di un’unica storia ideale, attraverso un linguaggio di ricercata semplicità. L’ Avallone tracciò una storia che si dipanava nei secoli come il cammino di un popolo che aveva costruito la sua ricchezza attraverso il lavoro, avendo a fondamento la famiglia; un popolo illuminato dalla forza spirituale della chiesa e da quella creativa delle scienze e delle arti.

Nel fregio si esaltano le origini romane di Salerno (Salerno colonia romana); i periodi di massimo splendore della storia cittadina: quello longobardo (Salerno Principato) e quello normanno (Roberto il Guiscardo a Salerno, la Costruzione della Cattedrale, Gregorio VII a Salerno, l’Unione della Sicilia alla terra ferma). Si continua con La Scuola Medica, l’Assedio di Arrigo VI, poi il Rinascimento con Masuccio e Andra Sabatini, il Settecento, poi i Martiri dell’Unità Nazionale, la Grande Guerra e infine il pannello finale che doveva essere destinato all’Apoteosi del Fascismo e invece è dedicato a Salerno Risorta.  I singoli episodi sono uniti dalla opzione di obbligare in costumi romani le centinaia di figure che popolano il fregio, codificando così un’ideale continuità tra passato e presente, unendo i personaggi storici del passato cittadino in un percorso ideale che porta unità alla storia verso una esaltazione del destino nazionale. La donna è protagonista di questa vicenda, in veste di madre, di regina, di sposa, mito archetipico dietro cui si adombra la forza di una dinamica societaria passata e presente.  Gli uomini sono spesso rappresentati nudi, sono gli uomini forti, i lavoratori e i soldati, la cui forza morale si rispecchia in una fisicità perfetta. Il fregio si costruisce intorno a immagini semplificate e primarie, portatrici di elementari forme di pedagogia, in funzione di un contatto sempre più stretto e necessario tra la cultura e le masse. Incontro che avviene in tutta l’Italia fascista proprio attraverso la decorazione destinata alle opere pubbliche del regime. La grande decorazione murale offriva l’esempio più pertinente di arte sociale, quella direttamente inserita nel divenire storico della Nazione.

Un’opera importante e di qualità, costruita con un riferimento ideologico evidente al fascismo, ma priva di quegli elementi espliciti che ne renderebbero difficile un utilizzo contemporaneo.

Il testo è una rielaborazione fedele di Carmine Tavarone, Salerno la città visibile, Edizioni dell’ippogrifo, Sarno (SA), 2006.