Leggende

Tra sirene suicide, fratelli che si riconoscono in punto di morte, belle fanciulle che piangono lacrime d’amore, le leggende che si svolgono a Salerno sono tante e dolorose.

Salerno è città-mito, ricca di leggende lungo tutta la sua storia. Abbiamo raccontato altrove la vicenda del mago Barliario, personaggio storico e leggendario insieme, e quella della fondazione della Scuola Medica ad opera dei quattro medici giunti da ogni angolo di mondo. Ma vediamo altre leggende salernitane

 LA FONDAZIONE DI SALERNO

Salerno, città nobilissima, ha, inevitabilmente, nobili origini. Le storie sulla sua fondazione sono molte, tutte belle. 

Il Golfo, innanzitutto, è dedicato alle Sirene, due delle quali, hanno segnato i suoi confini. Le sirene vivevano sugli isolotti dei Galli, detti anche Sirenuse, e con il loro canto, come racconta Omero, ammaliavano i naviganti, che perdevano il controllo delle navi e naufragavano. Ulisse, facendosi legare all’albero della nave, e tappando le orecchie dei suoi uomini, riuscì ad ascoltare il loro meraviglioso canto, e a sfuggire alla malìa, e le Sirene, disperate per la sconfitta, si lasciarono morire sulla spiaggia. La prima, Leucosia, si adagiò a Punta Licosa, la penisola meridionale del Golfo di Salerno, la seconda, Ligea, all’estremità della penisola sorrentina, parte settentrionale del Golfo di Salerno. La terza, Partenope, sulla spiaggia dove poi sorgerà Napoli, la città a lei dedicata. Il Golfo di Salerno nasce segnato dalle belle e crudeli Sirene.

Ma la fondazione di Salerno è legata, da più fonti leggendarie, al patriarca Noè. Il nome della città, secondo alcuni, è infatti legato alla regina Elerna, figlia del costruttore dell’arca. Secondo altri, addirittura, a fondarla fu Sem, uno dei tre figli, o anche Sale, figlio di Sem, fondatore di altre quatto città, tutte inizianti con la lettera S. 

E’ certo che la zona di Salerno è stata crocevia di più storie e di più popoli, perché qui si insediarono gli Etruschi, che avevano il confine meridionale della loro espansione, in rapporto nella Piana del Sele con i Greci, che abitavano a Poseidonia- Paestum. E qui premevano i Lucani e gli Osci, popolazioni italiche pre-romane. Salerno è, dunque, un crocevia di tradizioni e di popoli fin dalla leggendaria preistoria

I DUE FRATELLI

Un giorno nel mare di Salerno comparve una flotta di mille navi saracene. La gente atterrita si rifugiò all’interno delle mura cittadine, e iniziò un feroce assedio.

La guerra durava da un anno e il principe Guaiferio, non potendo più sopportare l’assedio che seminava morte, miseria, malattie, propose che un duello tra il più forte saraceno e il campione dei salernitani chiudesse le ostilità.

I due cavalieri prescelti furono il conte Umfredo dei Landolfi per i salernitani e il principe Rajan per i saraceni. Dalla Porta di Mare uscì, bellissimo nella sua armatura, Umfredo, che, montando un cavallo bianco, fece il giro delle mura, gridando la sua sfida al saraceno. In risposta, comparve Rajan, in groppa al suo cavallo nero, sfidando lui e i salernitani che erano comparsi in cima alle mura per vedere il duello. I due cavalieri si rincorsero e si batterono con le lance, poi con le spade, prima a cavallo e poi, feriti e stanchi, a terra. Nella foga del combattimento arrivarono, tra inseguimenti e fughe, fino a Vietri. Qui la lotta continuò selvaggia, con i due cavalieri ormai avvinghiati l’uno all’altro, spogli delle armi e sanguinanti, ma decisi a non cedere all’altro.

Al tramonto erano ormai sfiniti e l’uno e l’altro si appoggiarono a due scogli che arrivavano fin quasi alla spiaggia, ultimo campo del duello. Nel momento dell’abbandono, Rajan vide sul petto ormai nudo del cavaliere cristiano uno stemma, lo stesso che anch’egli portava. 

Che vedono i miei occhi, Umfredo, lo stemma della mia famiglia, siamo fratelli dunque!

Come è possibile, non offendermi, io ti sono nemico!

Ma sì, mio padre per tutta la vita ha cercato un figlio che gli era stato rapito dai pirati, un figlio che portava in petto lo stemma della famiglia. E io, ti ho ferito a morte, fratello, perdonami.

E tu perdona me, fratello, che solo in punto di morte ho conosciuto. Addio.

E i due fratelli scivolarono in acqua, morti, cercando di abbracciarsi. Da allora i due scogli di fronte alla spiaggia di Vietri sono noti come i Due Fratelli.

LA STORIA DEL “POVERO ENRICO”

La bellissima storia del “povero Enrico”, famosa anche come “Leggenda Aurea”, è stata raccontata più volte e per molti secoli. Essa testimonia come, dove non può la scienza medica, arriva a guarire il mistero della Fede.

Questa è la leggenda del povero Enrico secondo la versione di Henry Wadsworth Longfellow. 

Un giovane principe tedesco si ammalò dell’orribile male della lebbra e nessuna cura riusciva a guarirlo. 

Una notte, mentre soffriva come al solito, gli apparve Satana, sotto le sembianze di un medico errante, e gli disse: “Esiste un solo modo per guarire: ubbidire ai Maestri della Scuola Medica Salernitana. Devi sottoporti a una cura particolare: lavare le tue piaghe con il sangue di una vergine che dovrà sacrificarsi per amore”. 

La notizia di questa terribile cura si seppe in tutto il Regno, e una bellissima e nobile fanciulla di nome Elsie, si presentò a Palazzo. Piena d’amore per il giovane Enrico, offrì la sua vita per la guarigione. Ma il principe non volle accettare il suo sacrificio e decise di intraprendere un viaggio per Salerno, per apprendere direttamente dalla Scuola il modo di guarire.

Arrivato a Salerno con il suo seguito, il principe andò alla Cappella di Palazzo e vi entrò proprio nel momento in cui si stava conferendo la laurea a un nuovo dottore in medicina. Il giovane laureando si trovava davanti all’Almo Collegio Medico, presieduto dal Priore, e stava tenendo la disputa con gli anziani medici.

Alla fine della cerimonia al giovane fu dato un libro sul quale giurò di seguire la regola e le antiche formule della Scuola, di visitare gli ammalati poveri due volte al giorno e una volta la notte e di non prendere da essi alcun compenso. Dopo il solenne giuramento, il Priore, seguito dall’Almo Collegio, scese dal podio e si fermò davanti al giovane ancora inginocchiato. Una volta invitato ad alzarsi gli infilò alla mano destra l’anello dottorale, baciandolo sulla fronte. Poi il Priore, avvolto nella toga purpurea, ricamata in oro e argento, con un mantello di ermellino sulle spalle, lo proclamò dottore.

Il principe Enrico e il suo seguito rimasero colpiti e commossi da quella scena e prima di parlare con i medici, si recarono al dove si sorpresero ancor di più per la grandiosità e bellezza del tempio. Arrivati nella Cripta si inginocchiarono davanti alle reliquie di San Matteo ed ecco il miracolo! Il principe si alzò e sorrise: sul suo volto erano scomparsi i segni del male.

Enrico, riconoscente, elargì ricchi doni al Duomo; poi volle sposare proprio su quell’altare miracoloso la sua amata Elsie e poté ritornare felice al suo regno.

LA BELLA ANTONELLA

Vicino al Convento di San Benedetto c’è una fontana, la fontana della bella Antonella, cara a tutte le fanciulle innamorate. La bella Antonella era un’ancella della Regina Margherita di Durazzo, che viveva nel bel palazzo vicino appunto a San Benedetto. Lì la fanciulla si incontrava con l’amato Raimondo, un nobile al servizio del Re Ladislao. L’amore non poteva essere soddisfatto per la differenza di rango dei due amanti, e il re mandò Raimondo in guerra, dove lui si coprì di onori. Ritornato dalla guerra, il re concesse al nobile Raimondo di sposare la sua Antonella, che era stata rinchiusa nel Convento di San Michele. Ma al suo posto si presentò la malvagia sorella. Solo quando, due anni dopo, la Regina Margherita si ammalò di peste e volle al suo fianco Antonella subito scoprì l’inganno della crudele sorella, rivelandolo a Raimondo. L’amata era ancora rinchiusa a San Michele, ma era anch’ella malata. Raimondo ebbe solo il tempo di salutarla e di vederla morire, per poi fuggire, impazzito dal dolore, nella Valle dell’Irno, dove ancora si odono i suoi lamenti d’amore. E la fontana ancora piange le lacrime d’amore di Antonella, dedicate a tutte le fanciulle innamorate di Salerno.