Con Gabriele Lavia e Federica Di MArtino
Gabriele Lavia,
Federica Di Martino
IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
regia Gabriele Lavia
IL BERRETTO A SONAGLI è una tragedia della mente che porta in faccia la maschera della farsa. Pirandello mette sulla scena un uomo vecchio, uno di quegli uomini invisibili, schiacciato nella morsa della vita e, poiché è un niente di uomo, è trattato da tale: «Oh, che ero niente io?». Questa domanda nasconde la concezione di se stesso, dell’ uomo dissolto nel nulla del mondo, un nulla affollato da fantocci, fantasmi umani che spiano e che parlano, parlano parole già parlate, consumate.
Sul nostro palcoscenico, come lì per caso: un vecchio fondale come fosse abbandonato, pochi elementi come relitti di un salottino borghese dove viene rappresentato un pezzetto di vita di una famiglia perbene, o di una famigliaccia per bene, che affronta la propria vita come fosse, per statuto, una recita per gli altri che sono gli spettatori ingiusti e feroci della propria vita, del proprio “teatro”. È l’essere-per-gli-altri a prendere il sopravvento perché l’essere-con-gli-altri è comunque il nostro essere ineludibile. Ciampa ha un mondo suo, scrive ma solo di nascosto come i delinquenti, di notte quando gli altri dormono. Di giorno: «Io sono quello che gli altri dicono che io sia», io sono la doxa, ed è proprio il “si dice” ad essere la stessa sostanza identitaria del mio “io”. È il “segno” della perversione del mondo degli altri. Quel che percepisce il mio mondo come il mio essere appare a lui, a quel mondo che non sono io. Ma chi sono io, questo Io che è uno, nessuno e centomila? Questo Io è uno con me stesso, è un altro Io con ognuno degli altri Io che vivono nella società dei pupi: «Pupi siamo… Pupo io, pupo lei… Pupi tutti…». L’ Io è determinato nel suo essere, dalle centomila interazioni sociali, amorose, erotiche, amicali che quelle interazioni contribuiscono a frammentare. È questo Io fatto a pezzettini che non ha più scampo. L’ unica speranza è difendere l’ Io dall’aggressione degli altri, ma come? Ciampa usa spranghe alle porte, catenacci, paletti per difendere il suo Io, ma non ci riesce.
È costretto a uscire e a “sporcarsi le mani”, direbbe Sartre, esistere. Tuttavia esistere vuol dire mettere in gioco se stesso e allora la corda civile e la corda seria non servono più. Scatta la corda pazza, e scatta per tutti. Non si può difendere il proprio Io dagli attacchi del mondo, non è possibile uscire dal mondo, uscire da noi stessi. Se lo facciamo siamo morti viventi.