Arechi e il suo palazzo
Arechi II nel 787 riceve nel Palazzo gli ambasciatori di Carlo Magno, re dei Franchi, rivendicando l’autonomia del suo dominio si Salerno, Benevento e il Sud d’Italia.
Nel 787 gli ambasciatori di Carlo Magno, che ha appena sconfitto il Re longobardo Desiderio, giungono a Salerno per chiedere ad Arechi II sottomissione al futuro imperatore del Sacro Romano Impero. Arechi e Carlo sono cognati: hanno sposato due sorelle figlie di Deisderio, Adelperga vive a Salerno con il marito, e Ermengarda (come la chiamerà Manzoni nella sua tragedia Adelchi, ma in realtà non si conosce il suo nome), che è stata ripudiata dal marito, che ha poi invaso il Regno d’Italia e messo fine al dominio longobardo nella pianura Padana.
Arechi è principe di Benevento, ma ha spostato la sua residenza a Salerno e qui ha costruito un grande palazzo, dove riceve, con l’atteggiamento di un sovrano, gli ambasciatori. Il Palazzo occupa un’ampia area che arriva al mare: è un edificio grande e decorato, una vera reggia. Nella Cappella Palatina, dedicata ai santi Pietro e Paolo, Arechi attende gli ambasciatori seduto in trono, nella piena maestà di un sovrano. Il messaggio che vuol dare ai suoi visitatori è chiaro: ogni accordo sarà tra pari, riconoscendo a Carlo un predominio, ma conservando piena autorità e autonomia. Arechi, assiso su un trono d’oro e ricco dei segni e dei simboli della regalità, non rinuncia al suo potere.
Così sarà, la Langobardia Minor, l’area a sud di Roma, sarà autonoma da Carlo Magno e poi dal suo impero, conserverà autonomia e parità. È un atto che avrà conseguenze sulla storia futura durature: il Mezzogiorno d’Italia prende una sua dimensione che lo separa dal resto d’Italia, e lo rende autonomo. Con il suo gesto di dignità e di parità, Arechi mette le basi di un processo che durerà mille anni; in quel giorno del 787, si costituisce il fondamento di un’autonomia che segnerà la storia futura.