Il piccolo e suggestivo museo della ceramica è nascosto nei vicoli del centro storico, a pochi passi dal Duomo di Salerno, e raccoglie oggetti dal Trecento a oggi.
Il museo
La collezione privata di ceramiche Tafuri si trova nel caratteristico larghetto Cassavecchia, al piano terra del settecentesco palazzo Mancuso.
Inaugurato nel 1987, il piccolo museo raccoglie oggetti in ceramica rinvenuti a Salerno nel corso di scavi per il restauro di edifici pubblici e privati, durante lavori stradali o addirittura tra i rifiuti prodotti dai cantieri edili. Tutta la collezione è stata pazientemente raccolta negli anni da Alfonso Tafuri, orefice e appassionato della conservazione e del restauro.
I locali del museo sono stati recuperati negli anni ’70 del Novecento dallo stesso Tafuri dopo che avevano avuto diversi utilizzi, per ultimo quello di deposito di carbone e falegnameria. Oggi la collezione di ceramiche è accolta in piccoli ambienti coperti da volte di diverse tipologie, pavimentati con basoli in pietra lavica e ‘cotto di Rufoli’ provenienti dalle fornaci di Ogliara.
La collezione
L’esposizione è divisa in sezioni. Nelle prime vetrine è esposto il materiale recuperato nel centro storico di Salerno. Segue una ricca collezione di riggiole, mattonelle in cotto dipinte a mano del Settecento napoletano e dell’Ottocento vietrese, di vasellame e utensileria di produzione locale e vietrese dell’Ottocento e di reperti più antichi, risalenti al Trecento. Sono inoltre esposti boccali, giarretelle, piatti e altri oggetti provenienti dalle produzioni di Giffoni Valle Piana e di Cerreto Sannita.
Segue la sezione dedicata alla raccolta di targhe e pannelli devozionali e di opere del cosiddetto “periodo tedesco” della ceramica vietrese, quando, tra il 1920 e il 1947, alcuni artisti provenienti dal nord Europa (Germania, Olanda, Polonia) giunsero in costiera amalfitana e si stabilirono a Vietri sul Mare, affascinati dal luogo e dalla tradizione ceramica.
Tra gli artisti stranieri vi sono Riccardo Doelker, Irene Kowaliska, Margareta Hannash e Gunther Studemann ma anche molti artisti locali che, stimolati da questa corrente briosa di rinnovamento, divennero abilissimi in questo tipo di produzione come Guido Gambone, Giovannino Carrano, Vincenzo Procida, Enzo Rispoli e Andrea D’Arienzo.
Da scoprire
Smaltate e decorate interamente a mano con motivi geometrici, naturalistici, a mosaico, a effetto marmo o legno, le riggiole si presentano in forma quadrata con impresso sul retro il marchio della fabbrica di provenienza. Numerosi sono gli esemplari attribuibili a famiglie di riggiolari napoletani, come Giustiniani, Chianese, Del Vecchio, Delle Donne e Stingo, e vietresi, come Tajani, Punzi e Sperandeo.
Tra i soggetti più ricorrenti figurano santi particolarmente presenti nel culto locale (San Francesco da Paola, Sant’Antonio Abate, San Michele arcangelo, San Vincenzo Ferreri, San Francesco d’Assisi) e soprattutto la Madonna con o senza Bambino, e altri personaggi, secondo la tradizione iconografica canonica (Madonna del Carmine , Immacolata, Addolorata).
Curiosità / da sapere
Le riggiole, dal napoletano ‘a riggiola, erano delle mattonelle in cotto che potevano essere sia maiolicate sia dipinte a mano. L’impiego era principalmente nella pavimentazione e nel rivestimento di pareti in abitazioni, chiese, cappelle e conventi. Ancora oggi l’operaio addetto alla posa di mattonelle o piastrelle in napoletano viene chiamato o’ riggiularo.
Il reperto più antico dell’intera collezione è un frammento di ceramica spiral wave. La produzione di questa tipologia di ceramica comincia intorno alla metà del XII secolo per poi affermarsi pienamente nel XIII. La decorazione consiste in quattro spirali in verde ramina e bruno manganese. La produzione è molto diffusa sul litorale tirrenico dell’Italia meridionale, soprattutto nel Lazio, in Campania e in Sicilia, ma anche a Cartagine, nell’isola di Malta e in Israele.
Il museo fa parte della rete Salerno Musei --> Scarica la mappa
Audioguida (sintesi vocale automatica)
"I musei si raccontano" (2020) - Simona Tafuri