Salerno nella letteratura

Orazio ci vuol andare in vacanza, Boccaccio ci ambienta alcune novelle, Basile ci manda un personaggio alla Fiera. Salerno è presente in novelle e romanzi lungo due millenni.

Salerno era colonia romana, ed evidentemente già ai tempi dell’Impero aveva fama di città di villeggiatura. Orazio nella XV epistola decide di andare in vacanza al mare e vuole sfuggire da località troppo note come Baia. Si rivolge dunque all’amico Numonio Vala e gli chiede:

Com’è l’inverno a Velia? Che clima c’è a Salerno, Vala?

Che gente abita laggiù? E la strada come si presenta?

Quello che interessa il poeta lucano è un clima piacevole, la possibilità di mangiare del buon pesce, “un vino generoso, amabile, che mi liberi dai pensieri, mi scorra nelle vene e nel cuore ricolmo di speranze”. Non sappiamo se abbia scelto infine Salerno o Velia (oggi Ascea sulla costa cilentana), ma comunque avrà trovato quel che cercava. 

Nel Medioevo Salerno è invece nota per la Scuola Medica e per la fama, non sempre piacevole, di esperti in veleni dei suoi medici, fama che sappiamo riguardava anche Sichelgaita.  Una leggenda narra di Roberto, figlio del re normanno Guglielmo il conquistatore, ferito da una freccia avvelenata e quindi giunto a Salerno per farsi curare. Cura terribile, perché solo qualcuno che succhiasse il veleno dalla ferita, morendo però al suo posto, poteva salvarlo. E così fece la moglie Sibilla, che guarì Roberto e ne morì. 

Vicenda simile è narrata da Hartmann von Aue vissuto a cavallo dell’XI e XII secolo, che nel suo poema Il Povero Enrico, scritto in alto-tedesco, narra del principe Enrico che colpito da lebbra, arriva a Salerno dalla Germania per farsi curare, ma quel che gli viene prescritto è terribile: solo il sangue di una vergine lo può salvare. Una fanciulla si offre, ma Enrico sdegnosamente rifiuta e viene premiato da un miracolo che lo fa guarire e gli consente di sposare la giovane. Una storia raccontata poi nell’Ottocento da Longfellow, il poeta che tradusse in inglese la Divina Commedia. 

Salerno resta legata alla Scuola Medica, tanto che delle tre novelle del Decameron ambientate a Salerno, una è dedicata a Mazzeo della Montagna, un medico che forse è ispirato a Matteo Silvatico. Ma di Salerno a partire dal Duecento si parla anche per la fiera, e così fa lo stesso Boccaccio in un’altra novella, in cui un giovane mercante fiorentino, passa a commerciare per la Fiera di Salerno

Di Salerno parla in molte novelle, ovviamente, Masuccio, che ambienta alcune vicende in cui i salernitani fanno bella figura e si beffano di amalfitani e cavuoti (cioè abitanti di Cava dei Tirreni). In queste novelle si cita la Chiesa di Sant’Agostino e la via Drapparia, l’odierna via dei Mercanti. Due secoli dopo, anche l’autore de Lo Cunto de li Cunti conosce la Fiera di Salerno. Basile nella novella intitolata “Lo scarafaggio, il topo e il grillo” fa dire a un personaggio: 

 “Eccoti perciò questi cento ducati: vai alla fiera di Salerno e comprane tanti giovenchi, così in tre o quattro anni ne faremo tanti buoi.”

Nei secoli successivi di Salerno parlano i viaggiatori del Gran Tour, che descrivono l’amenità del paesaggio e le ricchezze naturali del Golfo. 

Foscolo ambienta a Salerno una sua tragedia, Ricciarda, con un’ambientazione medievale di fantasia: “è una tragedia tutto amore, e terribile per contrasti di pietà e di ferocia, e di affetti d'amicizia, d'amore, di fraternità.” Così scrive il Foscolo a Silvio Pellico. 

Tra i tanti viaggiatori ottocenteschi del Nord Europa ci fu anche il grande Christina Andersen, che nel suo romanzo fantastico L’improvvisatore ambienta a Salerno alcuni episodi, tra cui l’improbabile scoperta della sepoltura di Alessandro Magno nel Duomo. Fantasiosa la ricostruzione, ma vera la descrizione del sepolcro, un sarcofago romano, di quelli che tuttora si trovano nell’atrio della Cattedrale. 

Rapidissima scorsa nella letteratura lunga duemila anni, che concludiamo con i versi del poeta salernitano più celebre, Alfonso Gatto, che scrisse la poesia nota a tutti i concittadini: 

Salerno rima d’inverno, 

O dolcissimo inverno. 

Salerno rima d’eterno.